Quando l’estate si sbriciola tra i Calanchi e tutto rallenta, si prepara La Gola delle Muse.
Non ci sarà palco. Solo un respiro più ampio tra le creste, e una luce che scivola a ovest.
Sarà un venerdì. Sarà la fine di agosto.
Quando l’estate si sbriciola tra i Calanchi e tutto rallenta, si prepara la Gola. La Gola delle Muse.
Un nome antico per una notte che non vuole chiamarsi concerto. Perché ciò che accadrà è più simile a un rito: ci si riunisce, si ascolta, si tace, si riceve.
A guidare tutto questo, quest’anno, sarà La Niña.
Voce e presenza. Donna di Sud e di soglia. Cantautrice che non canta solo, ma scrive con la voce linee di sabbia, promesse sottili, dediche al femminile e al futuro.
Abbiamo immaginato di accoglierla nel ventre della creta.
Lei ha risposto, con parole morbide, e mani che sanno stare sul tamburo come su un petto che respira. Porterà con sé Furèsta — la sua voce più nuova, eppure antichissima. Porterà musicisti che suonano corde che vibrano da secoli, e frequenze che esistono solo adesso. Porterà il suo sguardo, il suo silenzio, i suoi gesti.
Noi porteremo la gola. Quella vera, quella scavata dalla pioggia e dalla storia. Quella che si apre ogni anno per fare spazio a chi viene a dire qualcosa che non si può dire altrove.
Venerdì 29 agosto, la Gola si aprirà ancora. Pochi sanno già di esserci. Molti lo sapranno troppo tardi. Noi sappiamo che sarà una notte senza confini, senza bisogno di capire tutto. Un'eccezione da abitare con le orecchie, con le mani, con la schiena. Un'esperienza da non perdere per chi sente che le crepe non si chiudono. Si ascoltano.
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